In Bielorussia non si fermano le proteste dei cittadini, nonostante la dura repressione messa in atto dalle forze dell’ordine. All’origine di tutto i risultati delle presidenziali dello scorso 9 agosto e la vittoria da parte del presidente uscente Aleksandr Lukashenko. Secondo migliaia di cittadini infatti quest’ultimo avrebbe fatto ritoccare i risultati dei seggi: l’accusa è quella di brogli elettorali, anche in seguito all’esclusione di ben dieci candidati dell’opposizione. Accusa alla quale si è unita a gran voce l’opposizione, nonché l’unica candidata avversaria ammessa, l’ex insegnante Svetlana Tikhanovskaia, la quale – come da lei stessa dichiarato in un video YouTube – è fuggita nella vicina ed europea Lituania, dopo aver sporto denuncia presso la Commissione elettorale centrale.
“L’ultimo dittatore d’Europa”. Così Lukashenko è stato rinominato in diverse occasioni internazionali e non senza moti. Ecco perché non stupiscono le parole da lui pronunciate, subito dopo l’annuncio della sua vittoria e l’inizio delle proteste cittadine: “Ho avvertito – riporta Euronews – che qui non ci saranno rivoluzioni in stile Maidan, non importa quanto le si voglia. Pertanto, dovreste calmarvi. In caso contrario la risposta sarà adeguata. Non lasceremo che il paese venga distrutto”.
La violenta repressione. Parole che suonano come una minaccia più che concreta: difatti per i migliaia di bielorussi scesi in strada – soprattutto nella capitale Minsk, ma anche in molte altre città del paese – gli scontri sono finiti nel sangue, con la polizia che non ha esitato a utilizzare contro i manifestanti manganelli, lacrimogeni e idranti: un manifestante è stato ucciso, dozzine di persone sono rimaste ferite (più di 50 civili e 39 agenti) e oltre 3000 sono state arrestate. Inoltre, è scomparso da ormai due giorni il giornalista Maxim Solopov, inviato del giornale indipendente russo Meduza: secondo la stessa testata, il reporter, rimasto coinvolto negli scontri di Minsk, è stato picchiato e arrestato – insieme ad altri tre suoi colleghi – dalla polizia bielorussa, ma mentre questi ultimi sono stati rilasciati, di Solopov non si sono avute più notizie.
Lukashenko per la sesta volta presidente. Secondo i dati ufficiali, il neoeletto presidente avrebbe ottenuto uno stracciante 80.23%, mentre a Tikhanovskaia sarebbe andato solo il 9,9% dei voti totali, rispetto ad un’affluenza alle urne molto elevata, pari al 74,23 % dei cittadini. Con questi numeri, Lukashenko ha così ottenuto il suo sesto mandato da presidente, carica che ricopre ormai da 26 anni, ovvero dal 1994. Tuttavia, non solo molti dei cittadini, ma anche la stessa opposizione non ha riconosciuto il risultato elettorale ufficiale, in quanto a loro detta inconciliabile con i dati pervenuti dai singoli distretti elettorali: a dichiararlo è stata la stessa candidata, che prima di trovare protezione in Lituania ha denunciato i risultati alla Commissione elettorale centrale. Mentre sarebbero oltre 5 mila le irregolarità di voto segnalate da Honest People, un’associazione indipendente che ha monitorato le elezioni in Bielorussia.
Forte critiche sono state pronunciate anche da istituzioni internazionali e leader europei. Tra tutti la stessa presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha chiesto alle “autorità bielorusse di garantire che i voti nelle elezioni […] siano conteggiati e pubblicati in modo accurato”. Ma a generare le reazioni internazionali sono state soprattutto le modalità antidemocratiche e violente messe in atto dal governo bielorusso per reprimere le proteste di questi giorni, rispetto alle quale Versavia ha perfino chiesto un vertice europeo straordinario. Su tutto pesa infine l’assenza in queste elezioni dell’Ocse – l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa non riconosce come libera ed equa nessuna elezione in Bielorussia dal 1995 ad oggi – non invitata dal governo bielorusso per il consueto monitoraggio elettorale: si capisce dunque perché sia difficile in queste condizioni poter parlare di elezioni libere, democratiche e trasparenti.