Solo poche settimane fa il mondo osservava l’evolversi della situazione nei principali paesi alle prese con il contrasto del Covid-19 al di fuori della Cina, stato epicentro dell’epidemia. Corea del Sud, Giappone, Iran e, in particolar modo, l’Italia erano al centro delle cronache e dei reportage delle principali testate estere. Analisi fatte spesso con un certo distacco, quasi come se il problema sarebbe rimasto confinato in quegli sfortunati ed impreparati stati che avevano drammaticamente subìto la stessa sorte della Cina. In particolare, i paesi europei avrebbero potuto prendere tempestivamente le misure necessarie per contrastare la diffusione del virus, data l’evoluzione della crisi epidemica nello stato italiano e le contromisure adottate per bloccare il contagio. Invece, l’opinione pubblica di questi paesi, da una parte, discuteva superficialmente del problema, le classi dirigenti, dall’altra, sono rimaste immobili a guardare l’evolversi della situazione. La crisi in atto è un evento eccezionale, non si discute, ma i principali attori politici europei avrebbero potuto sfruttare le informazioni fornite dalle autorità italiane. Tuttavia, lo stato del contagio così variegato nel continente europeo è dovuto al fatto che alcuni hanno tempestivamente recuperato il “modello Italia”.
La sanità spagnola vicina al collasso. Situazione critica in Spagna, dove il virus si è propagato e si propaga ad una velocità superiore rispetto all’Italia. In questi giorni sono stati fatti diversi paragoni tra i due paesi, ma questi ultimi presentano situazioni diverse. Anzitutto, l’intervento del governo spagnolo è stato graduale, come pure in Italia, ma estremamente lento e tardivo rispetto allo stato delle cose; anche la reazione dei cittadini spagnoli alle prime disposizioni è stata lenta. Infatti, come riportato da diversi reporter italiani delle maggiori testate, nonostante la crisi già in atto, molte restrizioni, come la distanza minima tra individui, sono state disattese. Il 22 marzo, poi, è stata registrata un’impennata del 30% dei contagi con oltre cinque mila nuovi casi. Una tendenza proseguita in questi giorni, che sta portando al collasso la sanità spagnola, specialmente per il fatto che nel paese ci sono solo 4.400 posti per la terapia intensiva. Ad oggi si contano oltre 35 mila contagiati, oltre duemila decessi e il 30% del personale sanitario contagiato dal Covid-19. Negli ospedali di Madrid i malati vengono lasciati lungo i corridoi, la domanda è doppia rispetto alla disponibilità e i medici sono costretti a scegliere quali pazienti poter curare. Una situazione estremamente grave e che peggiora di ora in ora.
Dall’immunità di gregge al Lockdown. L’iniziale “dietrofront” della scorsa settimana di Boris Johnson si è velocemente trasformato in una vera e propria inversione a “U”. Addio alla perversa idea dell’immunità di gregge, il Regno Unito adotta le misure restrittive dette ormai i tutta Europa “all’italiana”. Il Primo Ministro britannico ha ordinato la chiusura di tutti gli esercizi commerciali non essenziali e chiesto ai cittadini, che hanno addirittura ricevuto un sms da parte del governo, di “rimanere a casa” ed evitare spostamenti inutili. Per quanto ovvi, diversi sono i motivi alla base delle scelte dell’esecutivo. Nel suo intervento alla nazione di sabato sera, Johnson, prendendo come esempio l’Italia e lodando il suo sistema sanitario, aveva dichiarato che “I numeri sono molto netti e stanno accelerando. Siamo solo qualche settimana, due o tre, indietro rispetto all’ Italia. Gli italiani hanno un sistema sanitario eccezionale. E tuttavia i loro medici e infermieri sono stati completamente travolti”. La verità però è ben più complessa. Su territorio nazionale il contagio, stando alle stime britanniche, è tutto sommato ancora contenuto seppur preoccupante, ma la curva di crescita dei decessi si è impennata drasticamente rispetto a quella italiana. In particolare, il problema maggiore è rappresentato da Londra, dove l’aumento dei contagi è quasi doppia a quella di Milano e Bergamo. Il regno Unito ha iniziato la sua guerra contro il Coronavirus, anche se la malsana idea dell’immunità di gregge ha sicuramente favorito la sua diffusione all’interno della City.
Il bilancio in Francia e Germania. La cancelliera tedesca, Angela Merkel, è ora in quarantena, poiché il medico con cui era entrata in contatto la scorsa settimana è risultato positivo al Covid-19. Tuttavia, il primo tampone sul capo dell’esecutivo tedesco è risultato negativo e, in attesa di nuovi test di verifica, ha predisposto nuove misure di contenimento del virus valide per tutti i Laender tedeschi. La cancelliera ha chiesto ai tedeschi di usare “ragionevolezza e cuore” in questo momento di “rinunce e sacrifici” necessari per vincere la battaglia contro il virus. Intanto in Germania sono otre 24 mila i contagiati con una crescita negli ultimi giorni di oltre duemila unità e oltre un centinaio di vittime. In Francia, invece, il governo del Presidente, Emmanuel Macron, ipotizza un prolungamento delle misure restrittive, data l’efficacia finora riscontrata. La polizia francese lo scorso fine settimana ha effettuato oltre un milione e mezzo di controlli e multato oltre 90 mila cittadini francesi che hanno disatteso le regole. Intanto, il bilancio del Coronavirus nello stato francese è di quasi ventimila contagiati e oltre 850 decessi, con un aumento di tremila casi nelle ultime ventiquattro ore. Per quanto pesante, la Francia e Germania affrontano una situazione meno drammatica di quella di Spagna e Regno Unito, perché hanno adottato per tempo, pur con qualche minima “personalizzazione”, il cosiddetto “modello Italia”.