Come era ampiamente prevedibile, anche il continente africano è alle prese con la lotta alla pandemia che sta mettendo in ginocchio il mondo intero. Stando ai numeri a disposizione, la diffusione del Coronavirus è ancora contenuta al momento, si teme una rapida accelerazione nella sua diffusione. Infatti, i primi casi erano connessi ad alcuni contatti avuti tra le popolazioni locali e cittadini europei, ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) adesso teme una drastica accelerazione a causa delle potenziali catene di contagio locali.
La questione sanitaria. Le maggiori preoccupazioni sono connesse alla tenuta del sistema sanitario nel continente. Nello specifico, i maggiori timori sono connessi al numero limitato di posti per la terapia intensiva, basti pensare che il solo Sudafrica, uno dei paesi africani più avanzati, ne possiede solo mille. Inizialmente i paesi attrezzati per i test di accertamento del contagio erano solo due (Senegal e Sudafrica), ma i governi dei vari stati africani non sono rimasti fermi e in poche settimane, coadiuvati dall’OMS, il numero degli stati attrezzati è salito a 43. L’obiettivo è quello di garantire che gli stati possano diagnosticare i casi di Covid-19, isolarli e fornire cure adeguate in tempi brevi, in modo da essere preparati a dare assistenza alla popolazione in caso di una possibile espansione del virus. Infatti, l’Istituto africano per il Controllo e la Prevenzione delle malattie- propriamente Africa Center for Disease Control and Prevention (CDC)- e l’Unione Africana hanno costituito una Task Force guidata da cinque paesi (Marocco, Sudafrica, Senegal, Nigeria e Kenya) volta a supervisionare l’espansione del contagio e fornire supporto tecnico-sanitario nei casi di bisogno.
Lockdown in stile Italia. “Il miglior consiglio per l’Africa è di prepararsi al peggio e prepararsi oggi” questo l’avvertimento lanciato ai governi africani dal direttore generale OMS, l’etiope Tedros Adhanom, data la diffusione su scala globale del contagio. Così, i vari paesi hanno inizialmente adottato misure restrittive e precauzionali nei confronti dei viaggiatori provenienti dalle zone più colpite dal virus, per poi diramare disposizioni di limitazione agli spostamenti e alle manifestazioni pubbliche. Il Senegal ha chiuso tutte le scuole e le università, il Sudafrica ha dichiarato lo stato di “disastro naturale” con forti misure di contenimento. Molti altri stati africani hanno seguito a grandi linee le stesse azioni degli stati maggiori, mentre il Rwanda ha predisposto misure di vero e proprio “lockdown”, come fatto in Italia e nei diversi stati europei.
I rischi economici. Naturalmente, oltre al livello sanitario, a destare grande preoccupazione è la tenuta delle economie africane. La Commissione Economia per l’Africa delle Nazioni Unite stima una contrazione della crescita media del PIL africano all’1,8% rispetto al 3,2%, dato però giudicato estremamente ottimistico da diversi osservatori. Le cause sono facilmente intuibili. Infatti, l’interruzione delle catene globali del valore, legate alla crisi dell’industria energetica e del turismo, peseranno notevolmente sul complesso economico africano, includendo anche il fatto che la perdita di introiti fiscali rischia di portare ad un aumento insostenibile del debito.
Il settore petrolifero. Sul fronte petrolifero, lo shock della domanda rischia di generare perdite di circa 65 miliardi di dollari per i paesi produttori del continente. L’industria petrolifera africana vale circa il 7,4% del PIL continentale con introiti da esportazione di circa 166 miliardi di dollari annui e la crisi causata dalla diffusione del Covid-19 rischia di portare ad un crollo verticale delle entrate nel 2020. Paesi come l’Angola o la Nigeria, per i quali il petrolio rappresenta rispettivamente il 97% e 92% dell’export, rischiano di essere messi in ginocchio. Altro fattore di rischio è rappresentato dal blocco della produzione e della domanda cinese. La Cina è il principale partner commerciale dell’Africa con un volume di transazioni commerciali pari a 204 miliardi di dollari nel 2018, mentre l’export energetico e minerario africano verso lo Stato cinese è del 64%, circa 99 miliardi di dollari. Sul fronte infrastrutturale la Cina risulta anche come il principale investitore statale sul continente: tra il 2012 e il 2016 è stata investita una media di oltre 11,5 miliardi di dollari, pari al 15% degli investimenti totali. Inoltre, sono circa 10 mila le imprese cinesi in Africa con oltre 200 mila lavoratori provenienti dalle diverse provincie, mentre sono oltre 80 mila gli studenti africani in Cina; ulteriore prova di una interconnessione estremamente forte.
Aspettando il Covid-19. Tralasciando i rischi economici e finanziari, ci sono diversi elementi che rendono difficile prevedere l’impatto del virus sul continente. Anzitutto, considerando il fatto che la letalità del virus interessi le fasce di popolazione più anziane e che in Africa l’età media è inferiore ai 20 anni, c’è la possibilità che la diffusione del virus possa essere contenuta rispetto altre aree del mondo. Tuttavia, il basso rapporto di medici per popolazione ed una spesa per il settore sanitario che si aggira attorno al 5% del PIL, rischia di non essere sostenibile. Invece, un fattore che può giocare a favore degli stati africani è l’esperienza e la capacità di risposta alle emergenze acquisita in questo ambito, dato che negli ultimi anni diverse sono state le emergenze sanitarie dovute a patologie gravi, come l’ebola, che hanno colpito il continente negli ultimi anni. Tra misure di prevenzione e i primi riflessi economici, l’Africa si prepara a contrastare la diffusione del Covid-19.
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