La questione sui diritti della pesca nel canale della Manica continua ad essere tema di dibattito e scontro tra Gran Bretagna e Francia. Un confronto che va avanti da diverso tempo, ma che nell’ultima settimana ha raggiunto toni molto duri e che rischia di compromettere il dialogo su altri campi. A complicare la questione c’è il fatto che il tema della regolamentazione dei pescherecci nella Manica ha una valenza più di forma e principio, che di sostanza a livello economico. Una controversia che riguarda l’amministrazione francese e quella britannica, ma una fotografia della difficoltà nei rapporti tra Regno Unito e Unione Europea post Brexit.
Il sequestro dei pescherecci inglesi. A riaprire lo scontro è stato un episodio della scorsa settimana, quando la gendarmeria marittima francese ha fermato due pescherecci inglesi durante una serie di controlli nella baia della Senna, dei quali uno è stato in seguito condotto al porto di Le Havre. Infatti, mentre il primo ha ricevuto una sanzione per aver intralciato le operazioni delle autorità francesi, il secondo oltre ad una sanzione penale rischia il sequestro del mezzo e la confisca del pescato a causa del non possesso di una licenza valida. Controlli consueti per la stagione, ma che fanno parte anche “dell’inasprimento dei controlli nella Manica, nell’ambito delle discussioni sulle licenze con il Regno Unito e la Commissione europea” come ammesso da AnnickGirardin, ministro francese per il Mare. Naturalmente, il Governo inglese non è rimasto a guardare e subito dopo il sequestro ha convocato l’ambasciatrice francese a Londra per dei chiarimenti.
Il confronto al G20. Tali eventi hanno portato ad un confronto tra il Presidente francese e il Primo Ministro britannico durante il summit del G20 a Roma. Secondo quanto riferito da una nota diffusa da Downing Street, Boris Johnson nel corso del confronto avrebbe espresso grande preoccupazione per le vicende degli ultimi giorni, spiegando che la vicenda dei pescherecci rappresenta una violazione del trattato di libero scambio siglato tra il Regno Unito e l’Unione Europea. Diverso il tono di Macron e di fonti dell’Eliseo che parlano di come i due leader abbiano definito un percorso per fermare l’escalation e risolvere il dissidio sul tema della pesca.
Accuse reciproche. In verità, al di là dei toni rassicuranti delle fonti francesi, la situazione resta tesa, con le due amministrazioni che si sono arrovellate attorno ad un pericoloso gioco di scarica barile e ultimatum reciproci. Da Downing Street il rapporto sull’incontro è sembrato molto meno distensivo, con il portavoce di Johnson che aveva accusato l’amministrazione francese di non voler trovare un accordo: “Sta alla Francia decidere se intenda fare un passo indietro dalle minacce di violazione dell’accordo sulla Brexit avanzate in questi giorni”. Un intervento volto a far intendere come Londra sia pronta ad attuare tutte le contromisure evocate in questi giorni e che richiamerebbero il meccanismo di risoluzione delle controversie previste dal trattato sulla Brexit.L’amministrazione francese, invece, ha detto che se il Regno Unito non cederà sui diritti di pesca (fissando inizialmente la data del 2 novembre) applicherà varie misure di limitazione degli scambi commerciali. I termini temporali probabilmente saranno prorogati per evitare ulteriori e più gravi misure, ciò non toglie come la situazione resti tesa.
L’origine della disputa. Lo scontro tra Parigi e Londra nasce dal fatto che i pescherecci francesi storicamente operavano in acque britanniche, prima che il Regno Unito uscisse dall’UE; in verità, avveniva anche il contrario, ma in misura molto minore. Tale pratica valeva soprattutto per alcune specifiche aree, come quella dell’isola di Jersey, che si trova a pochi chilometri dalle coste francesi, ma dipende formalmente dal Regno Unito. Con l’avvio del processo della Brexit, si è reso necessario trovare un accordo sulla divisione delle aree di pesca. I diritti della pesca, storicamente una delle prime politiche delineate dalle istituzioni europee insieme a quelle dell’agricoltura, furono uno dei temi più discussi durante tutto il corso del negoziato. Infine, si decise che il Regno Unito avrebbe dato la licenza per pescare nelle sue acque ai pescherecci europei attivi nell’area, i quali avrebbero dovuto essere in grado di provare che le loro attività fossero state svoltecon continuità negli anni precedenti. Tuttavia, una documentazione particolarmente difficile da presentare per i pescherecci francesi più piccoli, che non hanno la tecnologia adatta per tenere traccia della propria attività e dei propri percorsi.Secondi i dati diffusi dal Financial Times, anche se contestati dal Governo inglese, , il Regno Unito ha dato licenza a 1.700 pescherecci europei, ma l’ha negata a circa 200, la cui maggioranza batte bandiera francese. Per il governo di Parigi ciò significa che il governo britannico ha escluso il 40% dei pescherecci francesi che avevano fatto richiesta, un’offesa inaccettabile per l’Eliseo.
Risvolti economici. Come visto, sia da un punto di vista di diritto che diplomatico, la questione è di per sé molto complessa. Tuttavia, ad uno scontro così serrato non corrisponde alcun guadagno per le due amministrazioni. Infatti, da un punto di vistasquisitamente economico, la questione è quasi irrilevante, poiché riguarda poche centinaia, se non addirittura decine, di piccoli pescherecci. I diritti di pesca hanno assunto in questi ultimi anniun enorme valore simbolico, diventando un tema importante per gli elettorati di entrambi i paesi. Dunque, una questione più di prestigio politico e apparenza, che non di essenza. Per Boris Johnson, la questione della pesca e della sua regolamentazione ha significato il sostegno solido dei tabloid più conservatori nei momenti di crisi, mentre Macron non vuole mostrare alcunadebolezza a poco più sei mesi dalle elezioni, dove diversi distretti settentrionali sono in bilico.
La lettera di Castex. A complicare ulteriormente i rapporti tra Parigi e Londra è stata una lettera inviata dal Primo Ministro francese, Jean Castex, al residente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen. Nella lettera Castex invoca l’intervento delle istituzioni europee, specificando che “È indispensabile mostrare chiaramente alle opinioni pubbliche europee che il rispetto degli accordi sottoscritti non è negoziabile e che ci sono più svantaggi a lasciare l’Unione che a rimanervi”. Boris Johnsonl’ha definita come la prova che la Francia vuole “punire” il Regno Unito per aver lasciato, anche se non è ciò che ha scritto Castex, specificando che su tale tema la posizione del Regno Unito non cambia.
In breve, un contenzioso su questioni di relativa importanza tra due dei più importanti Paesi europei. Tuttavia, una vicenda che rischia di rallentare il dialogo tra il Regno Unito e le istituzioni europee, mettendo a rischio i rapporti diplomatici fra Parigi e Londra in una fase in cui alimentare nuovi scontri potrebbe inficiare la ripartenza e la ripresa del dialogo che lo stesso G20 ha cercato di promuovere.