Il Covid-19 in questi mesi ha colpito senza distinzione ogni continente e paese. Nessuno avrebbe potuto prevedere un’avanzata così prepotente e drastica del nuovo virus. I paesi occidentali sono stati drammaticamente colpiti e, in parte, travolti dall’avanzata di questa nuova minaccia. Complice un po’ di superbia e la completa mancanza di coordinamento e cooperazione a livello internazionale, gli Stati Uniti e l’Europa sono stati letteralmente sorpresi dal nuovo virus. Al contrario, gli Stati dell’Asia orientale, epicentro della pandemia, hanno saputo reagire velocemente alla crisi sanitaria. Come minuziosamente spiegato dal paper di approfondimento dell’Institut Montaigne, nonostante le profonde differenze tra i diversi paesi, la regione orientale asiatica ha saputo mettere in campo strumenti e politiche per l’avanzata della pandemia.
Reattività. Ai primi segnali dell’avanzata del virus, le misure prese sono state forti ma al tempo stesso rapide ed efficaci. Dalla Cina al Giappone, passando per l’India, al primo aggravarsi della situazione sanitaria è stata da subito applicata una rigorosa quarantena, una ricerca minuziosa delle interazioni di pazienti risultati positivi al test ed è stata applicata una mobilitazione proattiva del settore industriale che ha portato ad un notevole uso di strumenti digitali. Azioni attuate nel corso del gennaio 2020 e che oggi sono oggetto di un approfondito ed ampio dibattito a livello europeo. Le misure pubbliche elaborate dai diversi Stati, tolte solo le province cinesi di Wuhan e dell’Hubei, hanno garantito una limitazione notevole alla propagazione dell’infezione durante tutta la primavera 2020. Un esempio può essere la Corea del Sud, tra i primi paesi colpiti assieme all’Italia, che ha saputo contenere il contagio e le vittime grazie alle misure di tracciamento digitale applicate.
Regimi differenti, simili azioni. Il paper dell’Istitut Motaigne ha tenuto conto anche delle differenze sostanziali tra i casi studiati. Infatti, i diversi paesi analizzati differiscono profondamente per il loro sistema politico: la Cina è uno stato autoritario, Singapore e Hong Kong sono casi particolari di stato di diritto e governance autoritaria, mente Taiwan, Corea del Sud e Giappone sono democrazie caratterizzate da un intenso dibattito pubblico. Tuttavia, le misure attuate da questi diversi sistemi trascendono le differenze tra le democrazie e i regimi autoritari, poiché le azioni introdotte, seppur con diversa intensità, sono simili. In tutti i paesi dell’Asia orientale sono state prese le seguenti precauzioni: applicazione della quarantena individuale piuttosto che il contenimento generale, controlli frontalieri alla ricerca di sintomi di contagio, tracciamento degli individui (a volte anche invadente come visto in Corea del Sud), mobilitazione e adattamento del tessuto industriale alle esigenze della crisi in particolare per la produzione di attrezzature mediche.
Imparare dal passato. Una tale chiarezza d’azione da parte degli Stati asiatici è dovuta anche a epidemie recenti, che sono rimaste confinate in quella regione. Lezioni apprese da eventi avvenuti nel corso degli ultimi venti anni. Dall’epidemia di SARS (sindrome respiratoria acuta grave) del 2003 che colpì specialmente l’Asia orientale alla crisi della MERS (sindrome respiratoria del Medio Oriente, un altro ceppo di Coronavirus) del 2015 che colpì fortemente la Corea del Sud, sono episodi che hanno nel tempo migliorato la preparazione dei sistemi sanitari, nei metodi di gestione e risposta a questo tipo di crisi, alzando allo stesso tempo la sensibilità della popolazione verso questo tipo di minacce.
Non immuni, ma preparati. Lo studio approfondisce, poi, le particolari misure usate da ogni singolo paese. Naturalmente, questo non significa che stati come Cina, Corea del Sud o Giappone siano immuni al rischio di nuovi focolai di contagio, come testimonia anche l’aumento dei casi in questi ultimi giorni, ma il loro approccio è diventato in parte un esempio per i paesi occidentali. Infatti, il numero di casi registrati in questa specifica area geografica rimane drasticamente al di sotto di quelli di Europa e Stati Uniti, che superano l’Asia orientale di centinaia di migliaia di unità. Propriamente non esistono fantomatiche “ricette magiche” per rispondere a tali eventi, ma vi sono buone pratiche. L’attenzione posta dai paesi asiatici a misure specifiche, incentrate sugli individui e sul monitoraggio di ogni singolo caso, rappresenta un’alternativa di enorme interesse rispetto agli sforzi volti alla gestione e alla riduzione della curva dei contagi: strategia usata dagli stati che hanno necessariamente dovuto prestare attenzione alla gestione del rischio di una saturazione e conseguente collasso del sistema sanitario, dovuto al fatto che il virus ha potuto circolare per un certo periodo senza essere in alcun modo monitorato. Il paper, infine, evidenzia alcuni spunti da trarre dalla pandemia e dal modus operandi degli stati asiatici. Anzitutto, l’importanza di possedere procedure di reazione standardizzate a questo tipo di eventi, oltre che sfruttare le opportunità offerte da strumentazione digitale supportata da garanzie democratiche; l’importanza della gestione delle forniture di attrezzature mediche strategiche per la gestione delle crisi e l’esempio del ruolo giocato dalle mascherine come prima linea di difesa contro le malattie respiratorie infettive. In chiusura viene evidenziata la necessità di organizzare una strategia per il momento successivo a questo tipo di crisi, in modo da ridurre le conseguenze economiche di pandemie ed epidemie. Per gli Stati europei, nello specifico, risulta necessario analizzare e riflettere sulla gestione della crisi pandemica da parte dei paesi dell’Asia orientale, al fine di essere preparati per sfide future di questo tipo, oltre per evitare nuove misure di lockdown e la ricomparsa dei confini nazionali.