Durante la giornata di domenica 11 luglio i cittadini cubani hanno invaso le strade della capitale l’Avana per protestare contro la mancanza di cibo, medicinali, energia elettrica, l’aumento dei prezzi e le inefficienze nella gestione della pandemia del Covid-19. In un Paese dove è proibita il diritto alla protesta e dove non se ne vedevano da oltre trent’anni, il popolo cubano ha comunque sfidato l’autorità per reclamare i propri diritti. Secondo quanto riportato dall’Associated Press, la polizia ha risposto arrestando decine di manifestanti, ma il Presidente cubano, Miguel Diaz-Canel, sembra voler cercare una mediazione con i cittadini.
Proteste. In verità, le proteste erano iniziate lo scorso fine settimana nella città di San Antonio de los Baños, a sud dell’Avana, diffondendosi velocemente in diverse aree dell’isola caraibica e arrivando fino alla capitale. Come detto, durante la giornata di domenica, migliaia di persone hanno manifestato per le strade dell’Avana. La richiesta dei manifestanti era (ed è) quella di avere maggiori aiuti contro la pandemia e una riduzione dei prezzi per i beni di prima necessità in vendita nei negozi controllati dallo stato. In alcune città si erano anche verificati alcuni furti negli esercizi commerciali, che avevano portato all’intervento della polizia e alla seguente repressione delle manifestazioni. La protesta di domenica nella capitale era stata per lo più pacifica. Tuttavia, dopo circa due ore dall’inizio della manifestazione, si sono verificati scontri tra la polizia e gruppi di manifestanti, che avevano iniziato a tirare pietre contro gli agenti. La situazione era diventata ulteriormente tesa in seguito all’arrivo di alcune centina di persone, contrarie alla manifestazione e esortate dallo stesso presidente Diaz-Canel ad opporsi alle manifestazioni.
Scene da guerra civile e crisi. La preoccupazione è che le tensioni potessero sfociare in uno scontro fratricida. Non a caso diversi sono stati i file fotografici, video ed audio che hanno mostrato episodi di danneggiamenti alle automobili e di saccheggiamento dei negozi. Scene tipiche di un conflitto civile. Inoltre, negli scontri sono rimasti coinvolti anche reporter della già menzionata Associated Press, le cui apparecchiature sono state distrutte dai manifestanti. Come anticipato, tali manifestazioni sono rare a Cuba, dato che non sono autorizzate dal governo e sono in generale poco tollerate. Infatti, l’ultima volta che si erano verificate tali manifestazioni era nel lontano 1994, quando alla guida del Paese c’era ancora Fidel Castro. L’economia cubana è in profonda difficoltà. Ad inasprire la questione economica e sociale vi sono la pandemia e le sanzioni economiche imposte al tempo dagli Stati Uniti dell’ex Presidente Donald Trump. L’amministrazione Biden ha mostrato volontà distensiva, ma è entrata da così poco tempo che non è stato possibile compiere atti concreti. In ogni caso, la crisi economica di Cuba non deriva solamente dalle sanzioni statunitensi, ma anche dalle politiche economiche interne e dai riflessi della pandemia, che ha portato ad una drastica riduzione del turismo, elemento cardine dell’isola caraibica.
Pandemia e fame. A inasprire la tensione è sicuramente la gestione non perfetta della pandemia, Negli ultimi giorni sono stati rilevati migliaia di nuovi contagi (intorno alle seimila unità ogni giorno) con oltre una quarantina di decessi causati dal Covid-19: numeri alti in proporzione alla popolazione. Dall’inizio della pandemia si stima che siano morte oltre 1.500 persone. Purtroppo, il Paese non è in grado di offrire cure e dosi di vaccini alla popolazione, a causa della mancanza di risorse. Il governo ha promesso di potenziare la produzione a livello nazionale, ma difficilmente basterà. Infatti, oltre alla crisi sanitaria, le mancanze si riscontrano pesanti anche a livello alimentare. Uno scarso raccolto ha inciso pesantemente sulla produzione di zucchero, una delle risorse più esportate dal paese, con l’azienda Azcuba, produttore in regime di monopolio, ha attribuito parte del problema alla mancanza di carburante per via delle sanzioni, le quali non hanno permesso di fare la manutenzione dei macchinari. La conseguenza principale è che il governo cubano ha poche risorse economiche a disposizione, condizione che incide sulla possibilità di importare beni di prima necessità dall’estero, con le merci disponibili nei negozi che raggiungono prezzi sempre più alti e sono sempre meno accessibili per la popolazione, che vive con stipendi estremamente bassi.
Autocritica. Naturalmente, con l’alzarsi della tensione sociale, l’esecutivo cubano non è rimasto fermo e in questi giorni ha autorizzato l’ingresso temporaneo “senza limiti” di generi alimentari e medicinali senza il pagamento di tariffe. Tali importazioni saranno consentite dal prossimo lunedì fino al 31 dicembre 2021, stando a quanto annunciato in televisione dal primo ministro Manuel Marrero a seguito delle dure proteste di domenica. La presa di coscienza del governo è mostrata anche dal presidente cubano Miguel Diaz-Canel, il quale ha affermato che parte delle carenze nella gestione dei problemi del Paese sono dovute anche all’esecutivo. È la prima volta che il Presidente cubano fa autocritica, però lo stesso, in un discorso televisivo tenuto mercoledì sera, ha anche invitato i cubani a non agire con odio, in riferimento alle violenze dello scorso fine settimana.
Attacco agli Stati Uniti. In ogni caso, Miguel Díaz-Canel in un discorso alla televisione cubana ha accusato direttamente gli Stati Uniti, colpevoli di avere assoldato “mercenari” per destabilizzare il paese e far cadere il regime comunista sull’isola. Díaz-Canel ha attribuito buona parte dei problemi economici di Cuba alle sanzioni che gli Stati Uniti hanno imposto, in varie forme, dal 1962. In ogni caso, al momento non c’è nessuna prova che riporta un eventuale coinvolgimento americano, anche se gli avvenimenti di questi giorni hanno interessatola Casa Bianca. Il presidente statunitense Joe Biden aveva finora tenuto a distanza il nodo irrisolto della politica nei confronti di Cuba, ma in questo caso è dovuto intervenire, esprimendo appoggio alle proteste dei manifestanti e facendo appello a L’Avana perché le ascolti. Biden ha definito le proteste come “un vibrante appello alla libertà e ad aiuti contro la tragica morsa della pandemia e contro decenni di repressione e sofferenze economiche imposti dal regime autoritario cubano”. A detta del Presidente USA il popolo cubano “sta coraggiosamente asserendo i suoi diritti universali e fondamentali”, come “i diritti a dimostrazioni pacifiche e a determinare liberamente il proprio futuro”, chiedendo al Presidente Dìaz-Canel “di ascoltare i cittadini e servire i loro bisogni in questo momento cruciale invece di arricchirsi”. Andando oltre l’intervento a caldo, per Biden la crisi cubana minaccia di sollevare complessi interrogativi di politica estera e domestica. Il presidente statunitense ha finora ha preso tempo nel formulare una strategia e non ha ancora attuato il disgelo diplomatico, commerciale e nei viaggi ideato da Obama e cancellato da Trump. Adesso i repubblicani lo accusano ugualmente di essere morbido con l’Avana, ma in generale la situazione rischia di complicarsi sempre di più.