Eletto con un ampio consenso elettorale nella primavera del 2017, la proposta vincente di Moon Jae-in puntava a dare un nuovo impulso ed una nuova veste alle basi che hanno contraddistinto l’economia sudcoreana per decenni. Delineata dai tempi della dittatura militare degli anni Sessanta e mantenuta durante il processo di evoluzione democratica degli anni Ottanta, il modello economico e di sviluppo del paese si è basato e si basa tutt’oggi su un forte impulso alle esportazioni e al sostegno statale ai principali Chaebol, ovvero gli enormi conglomerati industriali. Infatti, da una parte, le esportazioni rappresentano quasi il 43% del PIL nazionale, mentre, dall’altra, le più grandi chaebol del paese formano da sole un altro 44,2% dello stesso PIL. Alcuni riflessi conseguenti questo sviluppo economico sono stati la polarizzazione del sistema industriale e della sua forza lavoro, dove il 13% dei lavoratori è assorbito in imprese con più di duecento dipendenti tendenzialmente ben retribuiti mentre la restante forza lavoro è impiegata in aziende medio-piccole con una retribuzione pari a malapena la metà di quella delle Chaebol.
L’evoluzione delle promesse democratiche. La proposta elettorale del Partito Democratico coreano (DPK) puntava a cambiare il modello economico coreano, col fine di riequilibrare la distribuzione del reddito per favorire il consumo interno e diminuire la forte dipendenza dello stato coreano dalle esportazioni. I principali pilastri della cosiddetta politica della “crescita trainata dal reddito” sono l’aumento salariale alle fasce sociali più deboli, espansione della spesa pubblica e lotta allo strapotere delle Chaebol. Nel primo biennio di governo, il Presidente Moon è riuscito ad affrontare molti dei punti promessi durante la campagna elettorale. Anzitutto, è stato approvato un aumento della tassazione alle fasce di reddito più alte e alle maggiori impese con un profitto di oltre 250 milioni di dollari, corrispondenti ad oltre 300 miliardi della moneta nazionale “won”, in modo da far fronte all’aumento di spesa pubblica e col fine di espandere il sistema di protezione sociale e creare nuovi posti di lavoro. L’esecutivo ha poi adottato notevoli aumenti del salario minimo, portandoli dal 10,9% del 2018 al 16,9% del 2019. Molte di queste misure non hanno però avuto risvolto positivo. Le piccole aziende hanno bloccato le assunzioni a causa del grosso peso dovuto al rialzo della minima oraria con il contestuale ribasso delle ore lavorative settimanali. Inoltre, mentre la disoccupazione giovanile resta stabile al 7-10%, pari al doppio di quella nazionale, le famiglie ha basso reddito hanno subito una contrazione della loro capacità di spesa. Il mese di gennaio è stato il quattordicesimo mese consecutivo in cui le esportazioni sono calate con i consumi interni che hanno subito solo un timido rialzo. Sicuramente lo strascico dello scontro commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina spiega molte delle difficoltà della nuova politica economica, ma ciò ha drasticamente scalfito la figura di Moon il cui gradimento politico, all’80% ad inizio mandato, si attesta attualmente al 44%.
Le proteste, la corruzione e le future elezioni. Durante il corso del 2019 i sindacati coreani, la cui confederazione rappresenta un bacino elettorale di riferimento del DPK, ha organizzato diverse mobilitazioni contro le misure a favore dei lavoratori considerate insufficienti. Inoltre, la lotta al dominio delle Chaebol, battaglia politica per eccellenza della sinistra coreana, è in completo stallo. L’esecutivo ha risposto al rallentamento economicocon l’approvazione nella scorsa estate di un pacchetto di agevolazioni alle piccole imprese, ma l’aumento del salario orario minimo è stato momentaneamente rinviato. Secondo alcuni sondaggi il principale motivo di scontento tra i cittadini è l’operato del governo in ambito economico. Tuttavia, questo elemento motivava circa il 40% degli scontenti totali nel 2018, mentre nel 2019 ne rappresenta solo il 25% a riprova che gli elementi di malcontento sono aumentati e si sono sommati. Uno dei fattori di maggiore pressione per Moon è stato rappresentato dalle accuse di abuso di potere al ministro della giustizia, Cho Kuk, per il quale l’opposizione conservatrice ha portato avanti mesi di proteste di piazza fino ad ottenere le sue dimissioni. Un colpo forte per il presidente democratico che aveva fatto della lotta alla corruzione, motivo della caduta della presidente Park Geun-hye, uno dei suoi cavalli di battaglia. In vero, dai sondaggi non sembra che i conservatori possano scalfire il predominio del DPK, ma le votazioni di aprile per il rinnovo del parlamento (la Corea del Sud è una repubblica presidenziale con rinnovo del Presidente ogni cinque anni e del Parlamento ogni quattro) saranno un importante sfida per Moon, poiché da esse uscirà l’assemblea con la quale il Presidente dovrà confrontarsi per portare avanti la sua azione di governo. Su questo fronte, il governo ha deciso di concentrare il 70% della spesa pubblica del 2020, con un budget record, nella prima metà dell’anno scommettendo sulle misure di creazione di lavoro e sullo stimolo dell’economia, sperando abbia un risvolto positivo a livello elettorale. Sicuramente l’abbassamento dell’età per votare da 19 a 18 anni darà una spinta ai democratici coreani, ma le incertezze restano ancora molte, specialmente quelle riguardanti il settore economico fortemente destabilizzato nel quadrante asiatico, oltre che mondiale, dalla crisi dovuta alla diffusione del Coronavirus.
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