Come anticipato nelle scorse settimane, Boris Johnson ha ufficialmente bandito il colosso tecnologico di Shenzhen dal Regno Unito. Huawei, oltre a non poter partecipare alla realizzazione della rete 5G inglese, dovrà anche rimuovere le proprie apparecchiature dalla rete infrastrutturale di telecomunicazioni britannica.
Inversione a U. Per quanto fosse una mossa attesa, la netta retromarcia dell’esecutivo britannico è clamorosa e avrà sicuramente delle conseguenze notevoli sui rapporti tra Londra e Pechino. In un intervento a Westminster, il ministro della Cultura inglese, Oliver Dowden, ha spiegato che dalla fine dell’anno, precisamente dal 31 dicembre 2020, gli operatori del settore non potranno più acquistare le apparecchiature Huawei. Inoltre, quest’ultimi dovranno eleminare tutta la tecnologia del colosso cinese dalle reti 4G e 3G, oltre che quelle 5G già installate, entro il 2027.
Tale lasso di tempo è stato pensato tenendo conto dei moniti lanciati dalle compagnie britanniche British Telecom e Vodafone UK, le quali avevano avvertito che per rimpiazzare i dispositivi Huawei sarebbero stati necessari tra i cinque e i sette anni. Un’inversione drastica di rotta da parte dell’esecutivo inglese dopo che nel gennaio 2020 aveva dato all’azienda cinese un accesso limitato alle reti mobili di quinta generazione, permettendo agli operatori di ridurre al 35%la quota del kit cinese nelle parti non core della loro infrastruttura entro il 2023.
Le mosse americane e i ritardi. Come risaputo, le scelte britanniche sono state fortemente condizionate dalla mossa del maggio scorso da parte degli Stati Uniti. Infatti, con le nuove sanzioni imposte da Donald Trump, la supply chain di Huawei è stata letteralmente disarcionata e l’azienda di Shenzhen non potrà più comprare tecnologia chiave per la costruzione delle varie componenti da fornitori americani di fiducia. Questa mossa, poi, aveva spronato il National Cyber Security Center inglese a procedere ad un’urgente e drastica revisione delle procedure. Tuttavia, tale scelta non rimarrà priva di conseguenze sul piano tecnologico.
Su ammissione dello stesso ministro Dowden, la mossa di Londra comporterà un ritardo di oltre tre anni sullo sviluppo della rete 5G britannica, oltre ad un costo di due miliardi di sterline. Huawei, tramite il suo portavoce a Londra, Ed Brewster, ha definito la decisione come “una cattiva notizia per chiunque abbia un telefono cellulare nel Regno Unito”, spiegando come tale presa di posizione “minaccia di spostare la Gran Bretagna nella fila lenta del digitale e approfondire il digital divide”; infine, conclude con un duro attacco: “Purtroppo, il nostro futuro in questo Paese è diventato politicizzato. Si tratta della politica commerciale degli Usa e non di sicurezza”.
La risposta di Pechino. Naturalmente, la reazione della Cina alla decisione del governo Johnson di escludere Huawei dalle reti 5G britanniche è stata negativa. Hua Chunving, portavoce del ministero degli Esteri cinese, ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa che lo stato cinese prenderà “ogni misura necessaria per salvaguardare i propri interessi”, spiegando come la scelta avrà enormi conseguenze sulla fiducia e sulla cooperazione commerciale tra Pechino e Londra. Infatti, sempre secondo il portavoce cinese, il bando “non riguarda un’azienda o un’industria, ma è una questione che è stata altamente politicizzata. Minaccia la sicurezza degli investimenti cinesi nel Regno Unito e crea un problema che riguarda la nostra fiducia nel mercato britannico”
L’anello debole e l’Italia. Il malcontento cinese è evidenziato da un editoriale di pochi giorni fa del quotidiano cinese Global Times, che spronava ad una rappresaglia “pubblica” e “dolorosa”. Il duro intervento del quotidiano afferma che “È necessario che la Cina contrattacchi alla Gran Bretagna, altrimenti non saremmo troppo facili da bullizzare? La rappresaglia dovrebbe essere pubblica e dolorosa per il Regno Unito” precisando però che “non è necessario trasformarla in uno scontro tra Cina e Gran Bretagna”. Inoltre, Londra viene presentata come un “anello debole” del Five Eyes, un’alleanza di condivisione di intelligence tra Regno Unito, Stati Uniti, Australia Nuova Zelanda e Canada. Secondo il quotidiano di Pechino, la Cina dovrà accelerare lo sviluppo delle tecnologie di telecomunicazione per influenzare e convincere i Paesi che possono risentire dell’influenza statunitense, spiegando in conclusione che “Sul lungo periodo, il Regno Unito non ha ragioni per mettersi contro la Cina, con la questione di Hong Kong che sta svanendo”.
La faccenda, però, riguarda indirettamente anche il nostro Paese. In una nota diffusa dalla stessa Huawei, l’azienda cinese auspica che l’Italia non segua l’esempio inglese. “La deludente inversione di rotta del governo britannico è stata da quest’ultimo giustificata con riferimento alle sanzioni imposte dal governo statunitense, sebbene non supportate da prove e non ad alcuna violazione da parte di Huawei” recita il comunica, che chiude così: “Ci aspettiamo che il governo italiano prosegua il suo processo di digitalizzazione sulla base di criteri di sicurezza obiettivi, indipendenti e trasparenti per tutti i fornitori, preservando la diversità e la concorrenza nel mercato”