Una crescita occupazionale che supera 10 volte quella degli altri comparti, e che persino nel 2020, l’anno nero del covid, ha strappato alla crisi un incremento dell’1%: sono i numeri del Terzo Settore in Italia, che impiega 860.377 persone, il 72% delle quali, stando a Banca Etica, giovani e donne. Sulle “imprese del bene” nazionali – dimensioni strategiche in risposta a disuguaglianze economiche e socio-culturali – la Commissione europea scommette 37,6 miliardi dei fondi PNRR.
In questo panorama spiccano alcune esperienze molto significative sviluppate dalle cooperative di tipo B, organismi in grado di supportare le aziende e accrescere l’occupabilità delle persone più deboli sul mercato del lavoro: i diversamente abili.
Ma qual è l’X-Factor di queste realtà, che trasformano fragilità e disagio in coesione sociale e integrazione professionale?
Ne abbiamo parlato con Simona Balistreri, Presidente di Raggio di Luce, una cooperativa sociale di tipo B che ha spiccato il volo proprio durante l’emergenza sanitaria e che oggi può contare su un team costituito da un 60% di soci e lavoratori con disabilità, assunti con contratti a tempo indeterminato: caso pressoché unico nel suo genere.
Di cosa si occupa Raggio di Luce, a chi si rivolge? Raggio di Luce è un’impresa sociale specializzata nell’inserimento lavorativo di persone in condizione di svantaggio, soprattutto persone con gravi disabilità sia fisiche che mentali. Nello specifico, la Cooperativa offre servizi ad aziende-clienti in settori molto diversificati – logistica, confezionamento alimentare, servizi di pulizia e raccolta differenziata, telefonia, segreteria e reception – impiegando categorie protette e aiutando così le Imprese profit ad ottemperare l’obbligo di riserva. Raggio di Luce si rivolge, contemporaneamente, alle persone con disabilità e alle aziende, cercando di coniugare i parametri di produzione con l’etica imprescindibile delle pari opportunità. Il nostro target è quello di persone che scontano un’emarginazione a tutti i livelli, dovuta a cause diverse: per lo più disabilità di tipo fisico, psicologico o cognitivo, con alle spalle vissuti molto dolorosi. Allo stesso tempo, sono nostre interlocutrici le grandi aziende e multinazionali che hanno la necessità di includere lavoratori appartenenti alle categorie protette dalla legge tramite la stipula di convenzioni ad hoc (art. 14 – e simili – ex Legge Biagi) con il collocamento mirato.
Come si fa a trasformare disabilità ed emarginazione in una risorsa per aziende e multinazionali che devono stare al passo con gli standard di qualità e competitività? Non si tratta di trasformare la disabilità in qualcos’altro. Si tratta piuttosto di rispetto e di valorizzazione delle diverse abilità in ciascun individuo. Il segreto è nell’approccio e nella metodologia applicati, nessuna magia! Con i soci e i lavoratori di Raggio di Luce abbiamo sperimentato un modello tutto nostro, di “formazione-accoglienza”. Chi entra in contatto con noi viene seguito a tutto tondo, dal supporto psicologico al tutoraggio in house: Raggio di Luce mette a disposizione uno sportello d’ascolto con un’equipe multidisciplinare (psicologo, psichiatra, assistente sociale) parallelamente alla formazione specifica rispetto alle mansioni da svolgere presso il cliente.
E poi c’è un altro aspetto da non sottovalutare: Raggio di Luce “esiste” anche a giornata lavorativa conclusa. Per il nostro personale organizziamo viaggi, attività aggreganti, ricreative e corsi artistici, costruendo fondamenta solide per il reinserimento in società, per non lasciare solo nessuno.
Qualche storia particolare? In tanti mi hanno emozionata, tanto che sono quasi in difficoltà a parlarvi di uno o dell’altra socia: penso a M.A., un nostro lavoratore con alle spalle un passato molto doloroso. La nostra fiducia e la sua voglia di riscatto si sono tradotte in un percorso individuale brillante, fatto di impegno e traguardi raggiunti, tanto che oggi è uno dei nostri tutor, una risorsa irrinunciabile per la buona riuscita delle attività intraprese. E, me lo lasci dire, una vittoria per tutti.
In Italia l’assunzione dei disabili è disciplinata dalla legge n. 68/99. Il rischio è quello di adempiere a un mero obbligo normativo, senza cogliere l’effettiva capacità del dipendente a discapito della sua realizzazione personale. Sensibilizzare il mercato del lavoro fa sicuramente parte della nostra mission. Il servizio che forniamo alle aziende è una soluzione al bisogno di coesione sociale del cittadino ed è, al contempo, una scelta produttiva per l’impresa. Ci teniamo molto a sottolineare questo aspetto poiché la progettazione dei nostri servizi è effettivamente basata sulle capacità dei singoli, tutte persone preparate a misurarsi con gli obiettivi prefissati, e molto motivate. Con l’intervento di Raggio di Luce non si intende banalmente scongiurare le ingenti multe per i datori di lavoro trasgressori della norma e nemmeno ottenere incentivi, ma connettere domanda e offerta. Mi spiego meglio. Le aziende italiane hanno l’obbligo di assunzione di persone con disabilità in una misura percentuale proporzionata alla quantità totale dei lavoratori impiegati nell’azienda stessa. Per le multinazionali (o comunque per aziende con più di 50 dipendenti) questa misura corrisponde al 7% dei lavoratori. Alle aziende offriamo quindi l’opportunità di esternalizzare tale adempimento tramite la nostra cooperativa sociale a cui affidare una parte del processo produttivo che sarà svolto da lavoratori e lavoratrici con disabilità. L’emancipazione resta la porta d’accesso al futuro, la premessa necessaria per un percorso di autonomia personale e professionale che arricchisca tutti gli “attori”, al riparo da ogni forma di sterile assistenzialismo. Non si può e non si deve rinunciare al contributo fondamentale che ognuno di noi è in grado di fornire alla società.
Qual è la sfida per una realtà come Raggio di Luce? Essere soggetto attivo del cambiamento. In questo momento stanno aumentando le richieste da parte di grandi imprese e multinazionali: paradossalmente, la nostra economia di relazione e condivisione vince anche in ambienti normalmente più individualisti, votati al profitto. Questo è il nostro X-Factor: stiamo dimostrando come impegno e attenzione all’altro siano pilastri della produttività. La nostra sfida oggi è far comprendere ai datori di lavoro che scegliere di stipulare una convenzione quadro là dove non si abbiano in house le competenze strategiche per integrare al meglio il personale con disabilità, non è una scorciatoia procedurale che legalizza la delega a organismi terzi, bensì un metodo di intervento con solide basi teoriche e significative, tangibili buone pratiche.