La ricerca dei talenti nell’era delle nuove tecnologie sta rivoluzionando i tradizionali strumenti di recruiting. Tra questi, uno dei temi centrali è quello della reputation, sia dei candidati sia della aziende. Nell’era dei social tutto è più trasparente e non si può “barare”. Abbiamo chiesto a Luisella Moneta, Head of HR Southern Europe del Gruppo McArthurGlen, il principale proprietario, sviluppatore e gestore di outlet in Europa, fondato da Kaempfer Partners nel 1993, di spiegarci la talent acquisition di un grande gruppo internazionale. Il Gruppo McArthurGlen è pioniere nel retail di designer outlet nel continente europeo, McArthurGlen ha da allora sviluppato 630.000mq di spazio outlet. L’azienda gestisce attualmente 24 Designer Outlet in 9 paesi: Austria, Belgio, Canada, Francia, Germania, Grecia, Italia, Olanda e il Regno Unito. I Centri McArthurGlen ospitano i più richiesti marchi del lusso e della moda e offrono agli amanti dello shopping sconti tutto l’anno, in un contesto vibrante e di alta qualità. Nel 2013 McArthurGlen è diventata una joint venture tra Kaempfer Partners e Simon Property Group Co. (NYSE: SPG), la retail property company più grande del mondo. Come parte della sua attuale espansione McArthurGlen ha iniziato o sta pianificando lo sviluppo di nuovi designer outlet: MÁLAGA (Spagna meridionale), un nuovo centro in ISTANBUL (Turchia), REMSCHEID (vicino alle città tedesche di Colonia e Dusseldorf) e GHENT (tra le città belghe di Bruxelles e Bruges). Come parte dell’espansione e del piano di investimenti di McArthurGlen in Europa, il Gruppo ha recentemente acquisito il Rosada Fashion Outlet (il ventiquattresimo centro del Gruppo) in ROOSENDAAL, Olanda.
L’acquisizione dei talenti è un tema strategico per le aziende: gli strumenti tradizionali di recruiting sono sufficienti per selezionare e individuare quelli giusti oppure c’è un’esigenza di rinnovamento?
Come per molti aspetti dell’organizzazione del lavoro, anche per il recruitment si sente fortemente l’esigenza di cambiamento. Il recruitment è sempre più social e questo aspetto porta con sé la necessità per le aziende di adeguarsi. Gli strumenti sono digitali e tecnologicamente e socialmente avanzati, tuttavia credo che sia evidente anche la necessità di apportare un cambiamento di approccio. Ai recruiter sempre più viene richiesto di essere orientati al marketing e gestire l’esperienza del candidato in modo commerciale: devono cioè vendere il brand usando strumenti sempre più sofisticati. L’immagine dell’organizzazione diventa sempre più importante ed i recruiter devono agire come employer brand manager e dare una visione chiara e realistica di come si lavora in azienda. I candidati, infatti, usando i social possono velocemente e direttamente rispondere alle aziende e tutti i loro amici e conoscenti possono velocemente leggere i loro commenti. Dunque, mantenere la buona reputazione dell’organizzazione diventa molto critica nell’età social! Per questo motivo, l’autenticità e la trasparenza diventano aspetti chiave quando si comunica con i candidati e si presenta la propria organizzazione ed i propri valori Non solo. Bisogna mantenere coerenza con l’employer brand interno. Certo, la tecnologia sociale consente alle organizzazioni di costruire buone relazioni con i candidati e facilitare la preparazione dell’inserimento. Ed è proprio per questo che l’allineamento tra i messaggi esterni ed interni è così importante: non ci si può permettere che il neo-assunto sia sorpreso o deluso una volta entrato a far parte della nuova organizzazione. Inoltre, gli strumenti social saranno utilizzati durante tutto il lifecycle dell’impiegato, quindi avere un processo di talent management unificato diventa cruciale oltre che facilitare la gestione dei dati, l’identificazione dei candidati ideali e la loro valutazione.
Quali sono i principali strumenti e le principali prassi che utilizzate per la talent acquisition e per fidelizzare le migliori risorse?
La nostra azienda non è ancora molto riconoscibile in termini di Employer Branding, tuttavia cerchiamo di arrivare ai candidati raccontando della nostra azienda, degli impiegati in maniera onesta senza nascondere i nostri difetti: sulla nostra pagine di Linkedin e sulla nostra Career Page, pubblichiamo video e immagini della nostra vita quotidiana. Raccontiamo qual è il nostro processo di recruiting così gli eventuali candidati sanno cosa aspettarsi. Siamo consapevoli che avere un profilo social è solo l’inizio e che è fondamentale avere una comunicazione regolare e coerente per acquisire credibilità. Anche se la tecnologia social sta cambiando il modo in cui si gestisce il recruitment, le organizzazione continuano a misurare il time to hire, il cost to hire e la qualità dei candidati. Ma anche nuovi KPI stanno prendendo piede e sono legati alla brand awareness, alla reputazione dell’azienda e a come si comunica l’azenda. Come dicevo, la nostra azienda ha appena iniziato ad essere social, tuttavia abbiamo sempre avuto un approccio focalizzato sul candidato l’esperienza dei nostri candidati risulta essere sempre positiva sia quando ricorriamo alle agenzie di selezione che quando facciamo selezione diretta. Nessuno di loro ha mai lamentato processi impersonali o inefficienti. Consideriamo i candidati come potenziali ambasciatori e perché no, come potenziali clienti e siamo consapevoli di quanto un’esperienza negativa possa impattare sulla brand reputation. Facciamo anche tante interviste conoscitive: quando riceviamo una candidatura spontanea interessante, non manchiamo di approfondire la conoscenza per future eventuali necessità ed, infatti, abbiamo un database abbastanza fornito. Una buona selezione parte da un buon allineamento inziale: la preparazione del profilo del candidato – sia in termini di competenze ma anche di attitudini e potenziale – e la condivisione totale con la linea è fondamentale. La scelta del canale di ricerca è altrettanto importante: valutare la miglior agenzia con la quale lavorare od il miglior canale digitale è tanto importante quanto quello di raccontare ai vari fornitori qual è la cultura aziendale, quali i propri valori e quindi la creazione di un nuovo allineamento con i consulenti che contribuiranno alla ricerca e selezione dei candidati migliori per noi. Utilizziamo anche degli strumenti di valutazione: proponiamo YSC Assessment per i ruoli manageriali o semplici business case su cui lavorare. Questo approccio è molto utile per identificare i migliori talenti e ridurre il rischio dell’errore. Infine, fidelizziamo i nostri talenti, lavorando sul loro sviluppo non solo verticale ma anche orizzontale. Diamo grande spazio alla formazione e consideriamo i nostri impiegati come i veri responsabili del loro sviluppo aspettandoci da loro richieste sulle modalità da adottare per la loro crescita, convinti come siamo che ognuno preferisce canali e modi diversi per imparare e sviluppare le proprie capacità di qualunque ordine e grado.
Si parla molto di millennials e di come la loro specificità e forma mentis stia in qualche modo influenzando non solo le pratiche di recruiting ma anche le modalità di organizzazione del lavoro delle aziende, verso modelli più flessibili dal punto di vista dei tradizionali modelli spazio-tempo. E’ effettivamente così e in che modo le aziende stanno cambiando?
Le aziende stanno effettivamente adottando sistemi più flessibili che in passato. Alcune di esse hanno adottato lo smartworking per esempio, che è una modalità di lavoro che non solo consente di abbattere molto i costi di gestione, ma sviluppa l’empowerment ed il senso di responsabilità perché mette al centro il raggiungimento degli obiettivi a prescindere dal luogo in cui si opera o dell’orario che si assicura. La nostra azienda conta risorse molto operative che devono presenziare le attività del designer outlet e persone che potrebbero lavorare dovunque. Abbiamo, pertanto, adottato un approccio che si basa sull’autonoma organizzazione del lavoro da parte di ogni individuo: lasciamo che siano le nostre risorse a scegliere dove e come preferiscono lavorare confrontandosi con i loro manager. Non promuoviamo in alcun modo il lavoro da casa, tuttavia non lo ostacoliamo quando sono i nostri impiegati a chiederlo. Molti di loro si distraggono a casa e non riescono a lavorare sereni, mentre molti altri producono molto di più. Lasciamo a loro la scelta ed ovviamente ai loro manager la conferma. Anche in merito al tempo, lasciamo che siano gli impiegati con i loro manager ad organizzarsi. La timbratura è presente in ufficio perché rende più veloce la gestione delle presenze e la successiva elaborazione delle buste paga, ma siamo flessibili con gli orari e non valutiamo le persone sulla base del numero di ore di presenza ma, di nuovo, sugli obiettivi raggiunti e sulle modalità con le quali li hanno raggiunti. Insomma, come per il nostro core business, il focus è sul cliente sia esso esterno od interno.
Scegliere le persone giuste non è sempre facile e quando c’è di mezzo il fattore umano sbagliare è molto facile. Si parla spesso in questo senso di “professionisti del colloquio di lavoro”. Chi sono?
Sono persone appositamente formate ma anche e soprattutto naturalmente portate per la selezione delle persone. Sono tutti i professionisti che lavorano nelle aziende di selezione o che operano assessment individuali o collettivi, e tutti i professionisti che nelle aziende fanno bene il loro lavoro.
La strategia di acquisizione di talenti e risorse risente inevitabilmente del target di riferimento. Ci sono delle categorie professionali difficile da trovare e fidelizzare?
Nella nostra realtà ci scontriamo ogni giorno con molte sfide. La conoscenza ottima della lingua inglese è una di queste. Essendo la nostra azienda anglosassone di costituzione e statuto, la lingua inglese deve essere parlata e compresa in modo fluente se non si vuole restare ai margini del business. Purtroppo, ancor oggi in Italia non è sempre facile reperire queste competenze. La seconda sfida è la geografia. I nostri designer outlet sono lontani dalle città principali ed i background professionali delle persone della zona non sempre sono sufficientemente interessanti. Inoltre, la mobilità non è un aspetto in cui gli Italiani eccellono: allontanarsi dalle famiglie, dagli amici e dalla propria realtà non è semplice per molti. Il nostro approccio retail, inoltre, non è quello comunemente espresso nelle organizzazioni con questo core business. I nostri esperti retail devono poter condividere, influenzare le scelte dei nostri brand partner per massimizzare le performance ma senza imporre le nostre scelte. Deve sussistere una partnership vera e rispettosa, quindi insieme alla competenza ed esperienza retail, ricerchiamo uno stile di leadership che faccia della comunicazione l’aspetto chiave della propria attività.
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Chi è Luisella Moneta – laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne presso l’Università degli Studi di Roma. Inizia la sua carriere con l’insegnamento della Lingua Inglese per poi approdare in una azienda di tecnologia applicata al turismo del Gruppo Alitalia e con il Direttore delle Risorse Umane crea la funzione HR ancora inesistente. Lavora in questa azienda – che passa attraverso diverse proprietà internazionali diventando una multinazionale di successo con il nome di Travelport – per 19 anni ed in questi anni ha potuto sviluppare progetti trasversali soprattutto rivolti al Learning & Development, al Coaching (si certifica Coach negli Stati Uniti nel 2005), responsabile tra l’altro delle Relazioni Industriali, della Gestione e dello Sviluppo fino a diventare una Business Partner a tutto tondo per la regione dei Balcani prima, del Nord Europa successivamente ed approdare poi alla responsabilità del Sud Europa e Brasile. Lascia l’azienda nel 2009 per una nuova sfida in McArthurGlen come Head of HE, Southern Europe dove ha potuto sviluppare e approfondire molte competenze ma soprattutto la conoscenza di un business come quello dei designer outlet.