Anche se il luogo comune vorrebbe raccontarci che sono troppi in Italia, i numeri dei dipendenti pubblici raccontano un’altra storia. Nel Belpaese il 14% degli occupati, nei paesi scandinavi il doppio. Sono meno di quanti si pensi, dunque, ma anche diffusi in maniera molto irregolare. Il picco in Valle D’Aosta. E’ la fotografia dei dipendenti pubblici che emerge da una ricerca del Centro studi Impresa Lavoro, realizzata su elaborazione di dati Istat, Eurostat e Ministero dell’Economia e delle Finanze. Uno studio arrivato ad hoc, dopo il decreto firmato dai titolari della P.a, Giulia Bongiorno, e del Mef, Giovanni Tria, dopo Ferragosto per sbloccare oltre 5 mila assunzioni nella Pubblica Amministrazione.
Lo studio mostra come i 3,22 milioni di dipendenti pubblici italiani presentino una percentuale in rapporto al numero degli occupati pari al 14%, che fa dell’Italia il quarto Paese con il valore più basso d’Europa. Tra tutti i Paesi UE considerati nell’analisi, solamente Paesi Bassi (13%), Lussemburgo (12%) e Germania (10%) hanno meno dipendenti pubblici dell’Italia in rapporto agli occupati. La media italiana risulta più bassa di quella di Spagna (15%), Regno Unito (16%), e Francia (22%) e molto inferiore rispetto ai valori di Paesi nordici come la Svezia (29%), la Danimarca (28%) e la Finlandia (25%). Tuttavia la distribuzione geografica – sempre nel rapporto tra il numero dei dipendenti pubblici e quello degli occupati – mostra come il record si tocchi (con più di un occupato su cinque dipendente della PA) in Valle d’Aosta (21,6%), Calabria (21,4%) e Sicilia (20%).
In cima a questa classifica compaiono principalmente le regioni del Mezzogiorno, con un’incidenza dell’impiego pubblico di gran lunga superiore alla media nazionale (14%): oltre alle regioni già citate troviamo Sardegna (19,4%), Basilicata (17,8%), Molise (17,5%), Puglia (17,2%) e Campania (16,9%). A distanza ravvicinata seguono due regioni del Nord ma a Statuto speciale: Trentino Alto Adige (16,8%) e Friuli Venezia Giulia (16,5%). In coda alla classifica troviamo invece Veneto (10,5%), Emilia-Romagna (11,6%) e Piemonte (11,9%). ImpresaLavoro sottolinea come il 9,3% della Lombardia nel numero dei dipendenti pubblici in rapporto agli occupati sia addirittura inferiore al 10% registrato in Germania.
Le posizioni nella classifica italiana cambiano invece molto se il numero dei dipendenti pubblici viene rapportato a quello dei residenti (bambini e anziani inclusi). A fronte di una media italiana del 5,3%, le regioni con la maggior concentrazione di dipendenti pubblici rispetto alla popolazione residente sono infatti quelle a Statuto speciale. A guidare la classifica è infatti la Valle d’Aosta (11.826 dipendenti, pari al 9,3% dei residenti) davanti a Trentino Alto Adige (82.090 dipendenti, 7,7%), Friuli Venezia Giulia (83.413 dipendenti, 6,8%) e Sardegna (109.123 dipendenti, 6,6%).
L’unica eccezione in tal senso è costituita dal terzo posto del Lazio, regione che però sconta l’elevato numero di sedi istituzionali presenti a Roma (407.141 dipendenti, 6,9%). In fondo a questa particolare classifica si collocano invece regioni più popolate ed economicamente più sviluppate come Lombardia (410.923 dipendenti, 4,1%) e Veneto (223.336 dipendenti, 4,6%).
Al di sotto della media nazionale troviamo anche Campania (282.048 dipendenti, 4,8%), Piemonte (216.810 dipendenti, 4,9%), Puglia (205.885 dipendenti, 5,1%) ed Emilia Romagna (228.306 dipendenti, 5,1%). Bisogna dire, per amor del vero, che la presenza disomogenea di questi lavoratori sul territorio nazionale suggerisce peraltro come in determinate regioni italiane l’impiego pubblico sia stato e continui a essere considerato un efficace ammortizzatore sociale. Di parere diverso i sindacati. “Sbloccare le assunzioni nelle pubbliche amministrazioni centrali, sono una necessità, ma 5mila posti sono una goccia nel mare rispetto ai reali bisogni, solo il 5% rispetto alle uscite previste per ‘Quota 100’”, afferma la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti a commento del decreto firmato dai titolari della P.a, Giulia Bongiorno, e del Mef, Giovanni Tria. “Da tempo – prosegue la dirigente sindacale – denunciamo l’emorragia di dipendenti nella pubblica amministrazione. Un’emorragia che riguarda in particolar modo chi svolge i lavori più faticosi, cioè coloro che erogano servizi direttamente ai cittadini, come nel settore sanità, istruzione e negli enti locali”.
2 commenti
Ma dove diavolo li ha trovati questi numeri? Queste sono le solite bufale!
E’ fuorviante rapportare i dipendenti pubblici al numero degli occupati. Secondo lei ci sono le stesse percentuali di occupati tra nord e sud? Tale rapporto è totalmente sbilanciato ed è una analisi inutile!
Vada a vedere il Report_CENSIMENTO-ISTITUZIONI-PUBBLICHE-_2017 dal sito dell’ISTAT (di cui le allego link) e, in particolare il PROSPETTO 1.4.: PERSONALE IN SERVIZIO NELLE UNITÀ LOCALI DELLE ISTITUZIONI PUBBLICHE PER REGIONE, RIPARTIZIONE GEOGRAFICA, TIPO DI CONTRATTO E GENERE. Anno 2017” a pagina 4 del rapporto, nella colonna “% su totale personale” i numeri sono totalmente diversi e più coerenti e non mi dica che il rapporto è del 2017 perché di sicuro le cose non sono affatto cambiate.
https://www.istat.it/it/files//2019/12/Report_CENSIMENTO-ISTITUZIONI-PUBBLICHE-_2017.pdf
E’ giusto invece riferire il numero dei dipendenti pubblici al totale dei residenti perché a questo punto non si capisce perché dobbiamo continuare a mantenere delle regioni a statuto speciale solo per garantire l’autonomia ai francesci della Val d’Aosta, agli austriaci del Trentino, agli slavi del Friuli, ai catalani della Sardegna ed agli irriducibili indipendentisti della Sicilia.
Poi aggiungeremo anche l’autonomia della Lombardia, del Veneto e altre regioni che si proclamano discendenti dei celti e che non vorranno più mischiarsi con gli etruschi, i latini, i sanniti, osci, piceni, sabini, greci, saraceni e chi più ne ha più ne metta.
E’ proprio questa l’Italia che ci meritiamo?