L’ampio ricorso allo smart working durante la fase del lockdown, come sappiamo, ha permesso a centinaia di migliaia di dipendenti di continuare il proprio lavoro in modalità “a distanza” e soprattutto da casa. Il Governo ha incentivato questa formula con diversi interventi legislativi anche per la fase post-coronavirus. Il decreto rilancio l’ha reso un diritto individuale dei dipendenti con figli sotto i 12 anni. Tra i lasciti della pandemia sulle modalità lavorative c’è il “turbo” messo allo smart working, anche se in modalità “home working” nel periodo di chiusura generale. Sono emersi, tuttavia, oltre alle opportunità anche delle criticità. Tra queste la questione del diritto al buono pasto quando si lavora in modo “agile”. Ne abbiamo ampiamente trattato su kongnews con due articoli. (Smart working e buoni pasto. La fretta ha creato un pasticcio? Smart working e buoni pasto. La questione è ancora aperta).
La questione del buono pasto. Il tema emerso rispetto al buono pasto è se i lavoratori che hanno diritto a questo benefit durante il lavoro in ufficio potessero conservarlo anche in smart working. L’interrogativo era stato lanciato dalla ministra della Funzione Pubblica Dadone quando in una conferenza stampa parlando dei dipendenti pubblici ha affermato: “Difficile riconoscere ai dipendenti in smart working il buono visto che non sono presenti in ufficio”. La questione, in realtà, è diversa. Oltre alle differenze con il pubblico, nel settore privato i lavoratori che hanno diritto al benefit in ufficio, conservano tale privilegio anche in smart working, salvo accordo sindacale che dica il contrario. Questo dice la norma. E’ capitato, di fatto, che diverse aziende private non hanno riconosciuto ai dipendenti che ne avevano facoltà il buono pasto. Ne sono scaturite diverse polemiche e la questione è ancora aperta. La novità, oggi, riguarda due emendamenti al decreto rilancio proposti dalla Lega: il primo sul buono pasto in smart working e il secondo sul buono pasto in cassa integrazione.
Smart working e buoni pasto. Per porre fine alladiatriba è stato presentato un emendamento al decreto rilancio a firma di più parlamentari della Lega in cui si intende affermare per legge che i lavoratori del settore privato che hanno riconosciuto il buono pasto, conservano tale benefit anche nella modalità lavorativa da remoto. “Abbiamo pensato di circoscrivere il provvedimento al solo settore privato – spiega Elena Murelli, deputata della Lega e tra i promotori dell’emendamento – perché abbiamo notato che nel settore pubblico hanno avuto meno difficoltà. Ci sono funzionari che stanno a casa senza lavorare e con la retribuzione piena. Vista questa disparità tra pubblico impiego e lavoro privato abbiamo valutato di concentrare l’agevolazione solo su questi ultimi”.
Buono pasto e lavoratori in cassa integrazione. E’ stato presentato un altro emendamento al decreto rilancio promosso dalla Lega in cui si vorrebbe estendere il buono pasto anche ai lavoratori in cassa integrazione per il periodo di durata dell’emergenza Coronavirus. L’emendamento dice testualmente: “In caso di sospensione o riduzione dell’attività per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologi da Covid 19 ovvero in caso di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario con causale emergenza Covid 19, il datore di lavoro privato deve riconoscere ai propri dipendenti le prestazioni sostitutive di vitto.. se previsto nel contratto di lavoro in vigore al momento della richiesta della prestazione si cassa integrazione”. Tra i promotori c’è sempre l’onorevole Elena Murelli, componente della Commissione Lavoro alla Camera. “Lo spirito della nostra proposta – spiega la Murelli– è quello di aiutare le famiglie tramite il welfare aziendale dando la possibilità di utilizzare il buono pasto come strumento di sostegno alla spesa. Sappiamo che molti lavoratori hanno il 40 per cento dello stipendio in cassa e quindi subiscono un abbassamento consistente del livello di reddito. Il buono pasto, così, rappresenterebbe una forma di integrazione importante. Ci rendiamo conto, tuttavia, che non tutti gli imprenditori potrebbero trovarsi nelle condizioni di poter riconoscere il benefit durante il periodo di cassa e in fase di discussione dell’emendamento probabilmente renderemo questa possibilità una facoltà del datore di lavoro. Non vogliamo forzare la mano verso gli imprenditori in difficoltà e allo stesso tempo promuovere un aiuto in più alle famiglie”.