Gianluca Galletti, ha rivestito la carica di Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare dal 2014 al 2018. Attualmente ricopre il ruolo di Vicepresidente di Emil Banca e ne guida il Comitato Sostenibilità.
La nostra sfida più grande in questo nuovo secolo è di adottare un’idea che sembra astratta – sviluppo sostenibile. (Kofi Annan)
La sostenibilità è al centro dell’agenda politica di tutti i paesi europei e non rappresenta per le aziende una novità o una moda passeggera, bensì un obiettivo di sviluppo e di cambiamento per affrontare e gestire le esigenze della collettività diventata più sensibile e rispondere ad un quadro normativo articolato e complesso fissato dai governi e dai regolatori.
Le tre dimensioni delle quali si compone la Sostenibilità: People la dimensione sociale; Planet la dimensione ambientale; Profit la dimensione economica, incoraggiano verso un comportamento responsabile ed etico che trova vantaggi nella gestione dei rischi, nel miglioramento delle performance e nella reputazione delle imprese nel lungo periodo.
Presidente, già nel 2017, Lei sosteneva, che sempre più aziende considerano la sostenibilità aziendale un volano e non un freno per la loro attività. Essere sostenibile è un’imprescindibile fonte di vantaggio competitivo. A che punto siamo secondo lei?
Siamo a un punto di non ritorno. La Sostenibilità è un volano di competitività per le aziende, paradossalmente in questo momento, un momento di economia di guerra, come l’ha definita il presidente Draghi, non va in secondo piano ma diventa uno strumento per combattere la crisi e l’eventuale recessione. Se noi ci riflettiamo un attimo cosa ci manca oggi? Ci manca l’elettricità, le fonti di energia, le materie prime e rischia di mancarci in futuro una parte della finanza. L’unica fonte sulla quale possiamo puntare è l’energia rinnovabile, cosa che abbiamo fatto con troppa debolezza nel passato e che oggi dobbiamo fare con più forza. Energia rinnovabile vuol dire eolico, solare, vuol dire investire in ricerca per quanto riguarda l’idrogeno.
Quindi siamo esattamente nello spettro delle azioni che dobbiamo fare nell’ambito della sostenibilità. Noi oggi abbiamo bisogno di materie prime, dobbiamo sempre di più centellinare l’energia circolare, cioè quell’economia che ci permette di consumare meno materie prime, di consumare meno energie, meno acqua durante i cicli produttivi e soprattutto di avere dei rifiuti che sono a loro volta riciclabili in altre produzioni.
Abbiamo bisogno di Finanza, che a livello globale si sta indirizzando verso il sostenimento delle imprese più sostenibili. Quindi più io sono sostenibile più ho accesso alla finanza. Quindi ancora una volta si dimostra come tutte le azioni di sostenibilità per le aziende puntano non all’aumento dei costi ma invece alla competitività delle aziende stesse.
Noi siamo cresciuti in un momento storico in cui il concetto di sostenibilità non esisteva. Che non è una colpa. I nostri genitori avevano il problema di ricostruire l’Italia e di farlo in fretta. Oggi i giovani hanno molto più il valore del rispetto dell’ambiente. Certo noi dobbiamo continuare a fargli capire che continuare così non si può. Noi oggi stiamo affrontando, dicevo prima, un periodo difficile ma non ci dobbiamo dimenticare che la guerra futura è quella che ci aspetta nei prossimi anni che è quella contro i cambiamenti climatici. O interveniamo oggi o siamo destinati a perderla. Quella guerra non si affronta con le bombe ma dovremmo affrontare invece la siccità, migrazioni molto forti da paesi che diventeranno invivibili dal punto di vista quotidiano e quindi uno stravolgimento del pianeta.
Una cosa che dobbiamo dire ai nostri ragazzi è che se vogliono vivere una vita serena, tranquilla innanzitutto devono avere ben chiaro che il pianeta nel quale vivono va rispettato tutti i giorni anche nelle piccole cose.
La strada indicata dall’Europa per il rilancio passa attraverso la sostenibilità che insieme alla trasformazione digitale e tecnologica diventa prioritario affrontare per le imprese italiane. Un percorso che richiede molto impegno. In che modo devono approcciarlo?
Soprattutto in tema di ricerca. Oggi è indispensabile investire, questo sia a livello governativo, istituzionale, sia a livello delle imprese in ricerca. Cioè la cassetta degli attrezzi che noi oggi abbiamo per combattere i cambiamenti climatici, per rendere il nostro pianeta più sostenibile non è ancora sufficiente. Quindi dobbiamo inventare e creare qualcosa di più potente.
Prima facevo l’esempio dell’energia. Oggi ci rendiamo conto quanto siamo ancora dipendenti dal gas e dal petrolio. Questa dipendenza non la possiamo più sopportare perché è incompatibile con la lotta ai cambiamenti climatici, quindi l’investimento in idrogeno e in nucleare, spogliandoci da ideologie se ci fosse un nucleare di nuova generazione, senza rischi e con meno problemi nello smaltimento delle scorie perché non considerarlo. Non facciamo il nucleare oggi ma non blocchiamo la ricerca sul nucleare che è una cosa diversa. E qui non basta lo sforzo dei paesi. Ci vuole una mobilitazione forte dei privati e delle imprese private perché sono loro che creano le nuove tecnologie e nuovi prodotti. Questo investimento nel breve periodo può essere un costo ma nel lungo periodo può essere indispensabile per questa battaglia.
Se i privati e le imprese private devono investire bisogna che abbiano accesso ai finanziamenti per sfruttare al meglio le risorse che l’Europa metterà in campo per affrontare questo tema.
E’ giustissimo. Le risorse debbono andare in prevalenza ai privati perché è lì che si fa la ricerca. E questo ce lo insegna anche la storia recente. Provvedimenti come industria 4.0 hanno riscosso un grande favore da parte delle imprese che hanno investito molto in digitalizzazione e tecnologie. Quello è il modo giusto per fare le cose, cioè orientare le imprese verso investimenti che siano produttivi per tutta la collettività.
La finanza sostenibile e l’integrazione dei fattori ESG sono al centro dell’attenzione dei regolatori e delle autorità di vigilanza. Quali principi e criteri sono, secondo Lei, prioritari e da quali un’azienda o le banche dovrebbero partire per intraprendere un percorso di integrazione dei fattori ESG?
E’ un percorso che io sto facendo in una banca perché sono vice presidente del consiglio e del comitato di sostenibilità. Bisogna cambiare i criteri di gestione della banca. La sfida è grande!
Tutti pensano che il cuore della banca sia il commerciale, cioè la capacità di dare soldi alle imprese o di prenderli. Invece la banca svolge un lavoro molto più complesso. Intanto la gestione di una banca è la gestione del rischio, sempre di più dalla crisi del 2008 in poi c’è stata molta attenzione da parte del regolatore sulla gestione del rischio. Dall’altra parte la banca indirizza l’economia, cioè da solo i soldi ma nel darli indirizza l’economia. Allora, l’azienda, la banca in questo caso, deve rivedere il proprio piano strategico che vuol dire orientare la propria attività verso la sostenibilità. In questo modo da una parte si tutela dal fronte dei rischi, dall’altra parte, indirizza l’economia verso una società più sostenibile.
Questo è un percorso lungo perché bisogna inserire all’interno della banca una cultura di sostenibilità e non sempre è facile perché il bancario sa fare il lavoro del bancario, sa prendere i soldi, gestire i soldi ma non sa cosa vuol dire dare i soldi per la sostenibilità perché non sa discernere l’azienda sostenibile dall’azienda non sostenibile. E questo bisogna che avvenga con la maturazione della banca verso questa nuova cultura.
Dovendo sviluppare un piano di sostenibilità su quali linee strategiche si concentrerebbe e quali macro-obiettivi suggerirebbe?
Alle aziende in generale suggerirei di seminare una cultura della sostenibilità all’interno e le azioni da fare dipendono dal settore nel quale le aziende operano ma sicuramente una grande attenzione a tutti i parametri di sostenibilità non solo per la propria azienda, ma siccome capita molto spesso, in Italia si fa parte di una filiera, di coordinarsi con la filiera per avere una politica di sostenibilità comune in maniera che i risultati di una possano essere i risultati di un’altra ed il risultato finale ingloba il risultato di tutta la filiera. Questa diventa sempre più un tema centrale del fattore della produzione.
Nell’ambito dell’acronimo ESG dal suo punto di vista un’azienda è sostenibile rispetto alla gestione delle persone quando inizia a fare che cosa?
Intanto una premessa. Io oggi ritengo che la S di Social sia importante quanto la E di Environmental soprattutto oggi nella nostra società e nel periodo storico che stiamo vivendo.
Attenzione alle persone vuol dire attenzione da una parte alle persone che lavorano all’interno dell’azienda quindi mai pensare che il dipendente dell’azienda è un fattore del lavoro. E’ un fattore della produzione. I dipendenti della società sono persone e sono il valore vero che l’azienda ha ed è il fine dell’azienda.
L’azienda serve prima di tutto a dare dignità al lavoro e dare dignità alle persone che ci lavorano dentro. Questo vuol dire giusto stipendio, giusto welfare, giusto rispetto dei diritti civili e umani che lavorano all’interno dell’azienda. Parità fra uomini e donne, parità contrattuale, rispetto della maternità. Oggi rispetto a queste cose, come le altre, diventano un valore vero.
Dall’altra parte la S si concretizza nel rapporto con il territorio. L’azienda non è un’organizzazione avulsa dal posto in cui produce è una componente importante del territorio in cui opera. E allora il rapporto con il territorio diventa determinante e non ci può essere una buona azienda in un territorio che non è un buon territorio, dove non si produce socialità e per crescere insieme alle istituzioni ed al terzo settore che opera in quel territorio. Insomma, avere quelle tre gambe dell’economia circolare che sono essenziali: impresa, terzo settore, istituzioni che devono lavorare insieme affinché un’azienda possa essere ancora più competitiva di altre. E questo vale anche per banche in particolare per le banche del Credito Cooperativo poichè questo è scritto nel loro DNA.
Grazie!