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Venerdì 26 maggio Fim, Fiom e Uilm nazionali hanno dichiarato 8 ore di sciopero nazionale del comparto metalmeccanico delle TLC con manifestazione a Roma a partire dalle ore 11 sotto il Ministero delle Imprese e del Made In Italy. Quello delle TLC è un settore che complessivamente tra diretti e indotto in Italia occupa circa 200 mila lavoratori di cui circa 25 mila sono metalmeccanici per lo più presenti nei grandi gruppi delle aziende del settore dell’impiantistica e della manutenzione delle reti: Sirti, Site, Comnet, Alpitel ecc. Lo hanno dichiarato in una nota il Segretario generale della Fim Cisl, Roberto Benaglia e il Segretario nazionale, Valerio D’Alò.

“Uno sciopero e una mobilitazione – spiegano Benaglia e D’Alò – che arriva dopo le mancate risposte da parte del governo alla richiesta di convocazione di un tavolo di settore che ormai ha assunto la dimensione di una grande vertenza nazionale. Sono mesi che chiediamo di confrontarci con il governo per chiedere lo stop alla pratica delle gare a massimo ribasso – che determina una riduzione dei diritti dei lavoratori e rischio di infiltrazioni criminali negli appalti – ma anche una maggiore sicurezza del lavoro e dei dati, e delle clausole di salvaguardia speciale, oltre che un libro bianco per il settore delle TLC. Il settore infatti – continuano i sindacalisti – sta scontando una crisi strutturale nella sua intera filiera metalmeccanica collegata alle dinamiche distorte delle gare d’appalto e degli investimenti per la digitalizzazione del Paese. che i grandi player delle telecomunicazioni – in gran parte controllati direttamente o indirettamente dalla Stato – stanno mettendo a terra anche grazie al PNRR”.

“Non possiamo pensare che un settore così importante, per l’economia e la sicurezza nazionale, come quello delle TLC sia lasciato di fronte a gare al massimo ribasso e condizioni contrattuali incerte, anche dal punto di vista della sicurezza occupazionale. Questo è ancora più grave se pensiamo che gran parte di queste gare sono gestire da player a controllo pubblico. Come FIM crediamo che gli investimenti legati alla modernizzazione delle telecomunicazioni e reti del nostro del Paese debba essere anche l’occasione per creare lavoro giusto e dare alle imprese metalmeccaniche del settore certezze di investimenti industriali e occupazionali. Tutto il settore meccanico sta lavorando a delle transizioni governate per neutralizzare e rendere minimo l’impatto sul lavoro delle transizioni – lo sciopero e la manifestazione di venerdì – concludono Benaglia e D’Alò – vuole riportare il governo a rimettere al centro una vertenza del settore metalmeccanico che per numero di addetti, professionalità e strategicità che merita la massima attenzione. Ci aspettiamo dopo la mobilitazione che il governo convochi il tavolo che stiamo chiedendo da mesi in caso contrario non escludiamo ulteriori azioni di lotta“.

Le pensioni della Gestione Dipendenti Pubblici (GDP) vigenti al 1° gennaio 2023 sono 3.107.983, lo 0,8% in più rispetto all’anno precedente (3.082.954 pensioni), per un importo complessivo annuo di 83.318 milioni di euro, il 5,2% in più rispetto al 2022, in cui l’importo risultava di 79.203 milioni di euro. Lo comunica l’Inps in una nota spiegando che il 58,9% delle pensioni sono di anzianità o anticipate, con importo complessivo annuo pari a 54.416 milioni di euro; il 14,3% sono pensioni di vecchiaia con importo complessivo annuo di 13.736 milioni di euro; le pensioni di inabilità sono il 6,5% e il restante 20,3% è costituito, complessivamente, dalle pensioni erogate ai superstiti di attivo e di pensionato.

Il 59,6% del totale dei trattamenti pensionistici è erogato a donne, contro il 40,4% erogato a uomini. In tutte le categorie di pensione, eccetto la categoria delle pensioni di inabilità, si rileva una maggior presenza di pensionate sui pensionati, con differenziazione massima nelle pensioni ai superstiti in cui le donne rappresentano il 16,8% del totale delle pensioni e gli uomini il 3,5%.

Diffusione geografica. Il maggior numero delle prestazioni è concentrato nelle regioni settentrionali con il 40,9% del totale nazionale, seguito dal 36,5% delle prestazioni erogate al Sud, isole comprese. Al Centro il valore minimo, con il 22,3%. Il 39,8% della spesa pensionistica complessiva della Gestione Dipendenti Pubblici viene erogata nell’Italia settentrionale, contro il 36,4% dell’Italia meridionale ed isole ed il 23,6% dell’Italia centrale. Le regioni con il maggior numero di pensioni pubbliche sono la Lombardia e il Lazio rispettivamente con l’11,9% e l’11,3% del totale, seguite dalla Campania (9,4%) e dalla Sicilia (8,4%). Le regioni con il numero minore sono la Valle d’Aosta (0,3%), il Molise (0,7%) e la Basilicata (1,1%).

Nel 2022 le pensioni liquidate sono diminuite del 9,4% rispetto all’anno precedente, passando da 172.228 nel 2021 a 155.945 nel 2022; l’importo medio mensile, che nel 2021 era pari a 2.016,79 euro, è di 2.063,97 nel 2022, con un incremento percentuale di circa 2,3%.

Analogamente alle pensioni vigenti, nella distribuzione delle pensioni liquidate nel 2022, la categoria delle pensioni di anzianità/anticipate è la più numerosa, con il 50,5% del totale e importo complessivo annuo pari a 2.467,2 milioni di euro (59% del totale). Le pensioni ai superstiti rappresentano il 27,1% del totale come numero e il 16% come importo. Infine, le pensioni di vecchiaia sono tra il 19,3% come numero e il 22,1% come importo e quelle di inabilità sono di poco superiori al 3% sia nel numero sia nell’importo.

La distribuzione per genere e categoria delle pensioni liquidate ha una composizione analoga a quella delle pensioni vigenti con una prevalenza del genere femminile in tutte le categorie ad eccezione delle inabilità. Inoltre, le pensioni ai superstiti erogate alle donne rappresentano il 20,4% del totale mentre quelle erogate agli uomini soltanto il 6,7%.